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| S N S / LA BOUTIQUE NOTARILE |

 

L’assemblea condominiale non può spingersi oltre la proprietà del singolo.

Il caso trattato nasce in un condominio misto: appartamenti ai piani superiori e locali commerciali al piano terra. 
 
L’assemblea, con delibera a maggioranza, decide di sostituire l’impianto idrico condominiale, realizzandone uno nuovo a servizio esclusivo degli appartamenti, escludendo di fatto i negozi. 
 
Il proprietario di un negozio si oppone: quella tubazione era parte comune, e l’intervento privo di un’utilità essenziale. 
 
Nasce la causa. 
La Corte d’appello ritiene legittima la decisione, considerandola atto di straordinaria amministrazione approvabile a maggioranza. 
 
La Cassazione ribalta tutto. 
Afferma che i poteri dell’assemblea condominiale trovano un limite invalicabile nella sfera di proprietà del singolo condomino, anche quando l’intervento riguardi parti comuni. 
 
Un’assemblea può incidere su beni esclusivi o limitare diritti solo se il singolo abbia espresso un consenso specifico, 
o con atto individuale, 
o mediante approvazione di un regolamento contrattuale che lo preveda. 
 
In mancanza di tale accettazione, la delibera è radicalmente nulla, perché altera il contenuto del diritto reale, che non può essere modificato da una semplice maggioranza. 
L’assemblea è organo di gestione, non di disposizione. Può regolare l’uso, non comprimere la titolarità. 
 
La dottrina notarile sottolinea da tempo che l’autonomia privata condominiale può operare solo su base contrattuale: l’unanimità o il consenso espresso sono gli unici strumenti per incidere su diritti. 
Non basta un voto di maggioranza. 
Non basta la prassi. 
Non basta l’interesse comune. 
 
Rivolgiti a | S N S / Boutique Notarile per la formazione del regolamento condominiale coerente e corretto e che rivaluta le singole proprietà.

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L’assemblea condominiale non può spingersi oltre la proprietà del singolo.

Il caso trattato nasce in un condominio misto: appartamenti ai piani superiori e locali commerciali al piano terra. 
 
L’assemblea, con delibera a maggioranza, decide di sostituire l’impianto idrico condominiale, realizzandone uno nuovo a servizio esclusivo degli appartamenti, escludendo di fatto i negozi. 
 
Il proprietario di un negozio si oppone: quella tubazione era parte comune, e l’intervento privo di un’utilità essenziale. 
 
Nasce la causa. 
La Corte d’appello ritiene legittima la decisione, considerandola atto di straordinaria amministrazione approvabile a maggioranza. 
 
La Cassazione ribalta tutto. 
Afferma che i poteri dell’assemblea condominiale trovano un limite invalicabile nella sfera di proprietà del singolo condomino, anche quando l’intervento riguardi parti comuni. 
 
Un’assemblea può incidere su beni esclusivi o limitare diritti solo se il singolo abbia espresso un consenso specifico, 
o con atto individuale, 
o mediante approvazione di un regolamento contrattuale che lo preveda. 
 
In mancanza di tale accettazione, la delibera è radicalmente nulla, perché altera il contenuto del diritto reale, che non può essere modificato da una semplice maggioranza. 
L’assemblea è organo di gestione, non di disposizione. Può regolare l’uso, non comprimere la titolarità. 
 
La dottrina notarile sottolinea da tempo che l’autonomia privata condominiale può operare solo su base contrattuale: l’unanimità o il consenso espresso sono gli unici strumenti per incidere su diritti. 
Non basta un voto di maggioranza. 
Non basta la prassi. 
Non basta l’interesse comune. 
 
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